Si è appena conclusa una prima sessione di attività legate al progetto Amphitrite (Archeologia subacquea per tutti nei Parchi marini) nell’Area Marina Protetta “Capo Rizzuto” (Crotone). Il progetto, di cui la Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo è titolare con la direzione scientifica di Barbara Davidde, prevede il monitoraggio, la protezione e la valorizzazione di siti archeologici sommersi e semisommersi all’interno di cinque Aree Marine Protette italiane. Tra le varie azioni del programma vi è anche quello di implementare, mediante le nuove tecnologie, il turismo archeologico subacqueo creando percorsi di visita, reali e virtuali, in ambiente sommerso e subaereo per vari target di visitatori, compresi i diversamente abili.
Le indagini nell’AMP “Capo Rizzuto”, con la direzione tecnica di Salvatore Medaglia (SN-Sub), sono state concentrate su tre siti sottoposti a rilievi ottici 3D: le cave sommerse antistanti le Castella e i relitti con artiglierie in ferro colato Capo Bianco B e c.d. Relitto della Campana (dove la SN-Sub aveva già condotto alcune ricerche con la SABAP CZ, KR nel settembre 2021). I rilievi fotogrammetrici 3D consentiranno non solo la mappatura dei depositi archeologici per operazioni di tutela, ma implementeranno un sistema di realtà virtuale che permetterà agli utenti di vivere l’esperienza dell’immersione nei siti pilota del progetto.
Alle attività hanno preso parte l’Anfora srl. Archeologia, Mare, Ambiente del dott. Gianpaolo Colucci, la 3D Research dell’Unical, l’ing. Antonio Lagudi, gli O.T.S. Petra Bianchi Ferrari e Francesco Megna e i cineoperatori Marcello Adamo e Gabriele De Dominicis.
Desideriamo ringraziare la Capitaneria di Porto – Guardia costiera di Crotone, il Soprintendente arch. Stefania Argenti e il Funzionario archeologo subacqueo dott.ssa Alessandra Ghelli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone e l’Area Marina Protetta “Capo Rizzuto” per la cortese collaborazione.
Le immagini si riferiscono ad alcuni settori sommersi dell’area di coltivazione dell’antica cava di Le Castella da cui si ottenevano blocchi di arenarie e calcareniti organogene.
Crediti foto: Salvatore Medaglia (SN-Sub).