SOPRINTENDENZA NAZIONALE PER IL PATRIMONIO CULTURALE SUBACQUEO

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Dicembre 11, 2021

La Soprintendente Barbara Davidde

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Barbara Davidde

La Soprintendente Barbara Davidde.

L’archeologia subacquea ha la sua soprintendenza: è nata la Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo con sede a Taranto, e uffici a Venezia e Napoli.

La dirige l’archeologa subacquea Barbara Davidde.

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    • Dove la terra finisce e il mar comincia

      Dove la terra finisce e il mar comincia

      Giornate di studio sul futuro della tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale costiero e subacqueo   Giovedì 24, e venerdì 25 novembre si svolgeranno all’Arsenale della Marina Regia di Palermo (via dell’Arsenale 144), con inizio alle 9.30, due giornate di studio sul futuro del patrimonio culturale costiero e subacqueo. L’incontro vedrà a Palermo relatori internazionali per un confronto che si spingerà sino alle aree “di confine” fra il Mediterraneo e l’Atlantico, come la costa di Cadice e il litorale portoghese, e nel quale verranno affrontate criticità e prospettive del Mare Nostrum nell’ottica di una migliore fruizione e valorizzazione. L’evocativo titolo “Dove la Terra finisce e il mar comincia” è una citazione del più grande poeta portoghese, Luis Vaz de Camões (1524-1580), influenzato da Virgilio e dai grandi autori italiani di poemi rinascimentali, da Boiardo a Ariosto. La Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo partecipa con un intervento del Soprintendente Dott.ssa BARBARA DAVIDDE sulla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale subacqueo. La due giorni metterà a confronto sui vari temi archeologi subacquei delle Soprintendenze, storici dei paesaggi, ingegneri specialisti di energie rinnovabili, ecologisti a capo di strutture pubbliche demandate al monitoraggio dello “stato di salute” del mare e giuristi esperti in diritto del mare. Obiettivo dei lavori è esplorare e tracciare “rotte”, nelle quali la ricerca, la conoscenza, la tutela e la valorizzazione di ciò che l’attività umana ha costruito nel corso dei millenni possa andare di pari passo con lo sfruttamento sostenibile delle potenzialità. Scarica locandina

    • La Soprintendente Barbara Davidde presenta il @progettoAmphitrite

      La Soprintendente Barbara Davidde presenta il @progettoAmphitrite

      Progetto Amphitrite: Archeologia subacquea per tutti nei Parchi Digitali.   Giovedi 16 giugno 2022, all’interno della “The BlueMed Plus International Conference on the accessibility of Underwater Cultural Heritage”, la Soprintendente Barbara Davidde presenta il @progettoAmphitrite: Archeologia subacquea per tutti nei Parchi Digitali.   L’evento è organizzato dai partner e ospitato dalla Regione della Tessaglia e si può seguire on line e in presenza a Volos ( Grecia). Ecco le istruzioni per iscriversi e seguire on line o in presenza: https://bluemed.interreg-med.eu/   On Thursday 16 June 2022, within the “The BlueMed Plus International Conference on the accessibility of Underwater Cultural Heritage”, Superintendent Barbara Davidde presents the @projectAmphitrite: Underwater Archeology for Everyone in Digital Parks.   The event is organized by the partners and hosted by the Region of Thessaly and can be followed online and in person in Volos (Greece). Here are the instructions to register and follow online or in person: https://bluemed.interreg-med.eu/

    • Il laboratorio di restauro apre al pubblico.

      il laboratorio di restauro apre al pubblico

      Tutti i giovedì, a partire dal 10/02, il laboratorio di restauro della Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo apre al pubblico. Si potrà così assistere al restauro delle ceramiche del relitto alto arcaico del canale di Otranto. Per prenotare: Tel. 0994551561 – Cell. +39 3927510743 Sig.ra Maddalena Biasi email maddalena.biasi@beniculturali.it

    • Recuperati oltre 2000 reperti archeologici databili dal VI al II sec. A.C. provenienti da scavi clandestini e illecitamente detenuti.

      Immagine dei reperti recuperati dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale a Taranto

      Il 10 dicembre 2021 nella sede della Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo abbiamo ospitato la conferenza stampa nella quale è stata presentata una indagine investigativa condotta dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, reparto operativo TPC di Roma, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto. L’indagine ha portato al recupero di oltre 2000 reperti archeologici databili dal VI al II sec.a. C. provenienti da scavi clandestini e illecitamente detenuti. Durante le fasi investigative sono stati individuati numerosi scavi clandestini in aree archeologiche di Taranto e provincia giungendo così a inquadrare i probabili siti di provenienza dei reperti sequestrati, grazie anche allo stretto rapporto di collaborazione con la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo che, tramite i suoi funzionari, ha fornito un supporto anche per l’expertise dei reperti. Seguici su FACEBOOK

    • TARANTO SOTTERRANEA

      TARANTO SOTTERRANEA - Tomba dell'atleta in via Genova

      TARANTO SOTTERRANEA La necropoli urbana di Taranto è il settore della città greca meglio documentato rispetto agli altri contesti cittadini. Già dalla fine del XIX secolo,con l’attuazione del regio decreto che dà possibilità alla cittadinanzadi costruire al di fuori delle mura dell’isola della Città Vecchia, l’espansione edilizia porta alla luce le prime tombe dell’antica area sepolcrale. Oggi, con la supervisione della Soprintendenza per Patrimonio Culturale Subacqueo, alcune delle tombe sono accessibili e inseriti in un percorso turistico. TOMBA DEGLI ATLETI – via Crispi All’angolo tra via Pitagora e via Crispi è visibile una grande tomba a camera, posta in prossimità degli assi viari principali del tessuto urbano greco e ritenuta uno dei più importanti monumenti dell’architettura funeraria tarantina di età arcaica (fine VI – inizi V sec. a.C.). A pianta quadrangolare ed interamente costruita e pavimentata in blocchi regolari di carparo, la struttura presentava una copertura originaria con lastroni e architravi, anch’essi in carparo, sostenuti da due colonne doriche, allineate al centro del vano. Lo spazio interno risulta organizzato sul modello dell’andròn, la sala da banchetto riservata agli uomini nella casa greca arcaica: i sette sarcofagi, uno dei quali mai utilizzato, sono disposti – come i letti conviviali (le klinai) – lungo le pareti. Nello spazio centrale sono presenti copie del ricco corredo di accompagnamento, posizionato all’esterno e all’interno dei sarcofagi. Gli oggetti, come anche la struttura tombale, alludono agli aspetti rappresentativi della cultura aristocratica tarantina: l’atletismo ed il simposio. Particolare rilievo è riservato, al centro della camera funeraria, all’anfora panatenaica, premio tributato agli atleti vincitori nel corso delle gare che caratterizzavano le feste celebrate ad Atene in onore della dea Atena. Questo straordinario monumento funerario costituisce, quindi, – per dimensioni, impianto e corredo – un’evidente testimonianza dell’alto livello sociale di appartenenza degli individui sepolti, uniti in vita – come in morte – da affinità politiche, culturali ed ideologiche. AREA DI NECROPOLI – via Marche L’area archeologica rappresenta il più grande settore con destinazione funeraria, attualmente fruibile della polis greca. Conserva al suo interno, infatti, circa 140 sepolture, riconducibili ad una delle zone più significative della necropoli tardo classica ed ellenistica. Gli scavi effettuati hanno permesso di accertare una frequentazione del sito – prevalentemente per usi funerari – dalla fine del VII/prima metà del VI sec. a.C. fino al termine del III sec. a.C. L’area consente di iniziare, in maniera agevole, una visita all’interno della necropoli della città greca, il cui impianto subisce un notevole sviluppo a partire dalle vicende politiche del V sec. a.C., allorché si registra l’ampliamento dell’abitato con la costruzione della cinta muraria difensiva e l’organizzazione di un tessuto stradale regolare che si estende sino ad interessare anche la necropoli. In questo settore la distribuzione delle sepolture sembra aver rispettato assi viari già esistenti in età arcaica: due in senso nord–sud ed uno in direzione est–ovest, probabilmente identificabile con una vera e propria plateia (la “via larga” delle poleis greche). E’ possibile riconoscere isolati regolari, progressivamente occupati da lotti familiari di deposizioni, fino alle soglie della definitiva conquista romana di Taranto del 209 a.C. Sono qui concentrate diverse tipologie di tombe: dalle tombe a sarcofago a quelle più semplicemente scavate nella terra o nella roccia, oppure rivestite da lastre di carparo, il più delle volte caratterizzate da una controfossa e provviste di copertura a doppio lastrone, a superfici piane o a spiovente. Emergono, tra le altre, le tombe a camera – espressione di nuclei sociali più agiati – collocabili fra il IV ed il III sec. a.C., quando si rinnova la pratica della monumentalizzazione del sepolcro, interdetta dalle “leggi sul lusso” del secolo precedente che avevano imposto un’esibizione meno sfarzosa delle architetture e ritualità funerarie. Individuate in numero di otto, esse si collocano in posizione eminente, all’incrocio degli assi stradali o nei punti nodali degli isolati. Accessibili attraverso un dromos a gradini o a scivolo, risultano interamente costruite con blocchi regolari di carparo o parzialmente ricavate nella roccia e completate, sulla sommità, da blocchi squadrati e cornici aggettanti; le pareti si presentano – nella maggior parte dei casi – intonacate e dipinte. All’interno è visibile il letto funebre (kline), intagliato nella roccia, con piedi decorati, con modanature e superfici stuccate e dipinte.   TOMBA A QUATTRO CAMERE FUNERARIE – via Pasubio L’ipogeo (noto in ambito locale come ipogeo “Genoviva”), relativo ad un nucleo familiare di ceto sociale elevato ed utilizzato tra il IV ed il III sec. a.C., testimonia – dopo l’interruzione agli inizi del V sec. a.C. – una nuova fase di monumentalizzazione della necropoli. La maestosità dell’edificio è, tra l’altro, confermata dalla presenza dei numerosi elementi architettonici relativi al naiskos, monumento funerario esterno che accoglieva una statua marmorea, di cui si sono rinvenuti frammenti. L’unicità della planimetria – sviluppata sul modello della casa a pastas, con le camere allineate sul lungo vestibolo – la particolare cura architettonica e decorativa rendono questa tomba a camera estremamente interessante. Una scala di accesso (dromos) immette in un lungo vestibolo a pianta rettangolare, su cui si aprono quattro celle funerarie, caratterizzate da un prospetto con semicolonne di ordine dorico. La struttura perimetrale, parzialmente intagliata nel banco roccioso, risulta costruita nella parte superiore con blocchi regolari di carparo, sormontati da una cornice modanata, su cui si impostava una copertura a lastroni. Le camere settentrionali presentano – a differenza delle altre due – pilastri di carparo originariamente provvisti di capitelli. Le pareti, interamente intonacate conservano tracce della decorazione pittorica e la cornice di coronamento è ornata da un meandro in rosso e azzurro su fondo chiaro. Le porte delle celle – inquadrate dalle semicolonne – sono del tipo a doppio battente con dente d’incastro o monolitiche. All’interno della camera in asse con l’ingresso è visibile un letto funebre (kline), realizzato in un blocco monolitico di carparo, con margini rilevati in corrispondenza delle testate; nelle altre celle il letto funebre era probabilmente realizzato in legno, come documentato dalle quattro fossette angolari per l’alloggiamento dei piedi. Lo strato uniforme di intonaco – sulla linea di incastro fra i battenti delle porte e […]

    • Santa Maria della Giustizia

      Taranto, Santa Maria della Giustizia - Facciata

      Taranto, Santa Maria della Giustizia   Il sito ove sorge il monastero di Santa Maria della Giustizia nei pressi del mare e del fiume Tara è lo stesso che ha ospitato l’hospitium peregrinantium di S. Maria del Mare, fatto costruire nel 1119 per volontà di Costanza d’Altavilla e del figlio Boemondo come ricovero dei crociati e dei pellegrini diretti in Terra Santa. Nel secolo XVII, a causa delle condizioni di degrado dell’Abbazia, l’Arcivescovo Stella concesse agli Olivetani, curatori del complesso dal 1482, di trasferirsi in città, nell’Ospizio di S. Francesca Romana, dove furono trasferite le tele e la campana della vecchia sede. Successivamente trasformati in masseria, i vari ambienti dell’abbazia subirono frazionamenti  e ristrutturazioni, allo scopo di adattarli a ricovero del bestiame, deposito di attrezzi e prodotti. Persino il nome cambiò in Masseria la Giustizia. Intorno al 1970 è stato inserito tra i beni del Demanio e assegnato alla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici Artistici e Storici della Puglia. A partire dal 1980 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dato avvio ad un sistematico intervento di restauro del monumento, ormai in via di completamento, che ne ha consentito il totale recupero. L’impianto dell’abbazia si articola intorno a due vaste aree a pianta quadrangolare. Dalla prima, più piccola, si accede alla chiesa angioina, che presenta una facciata monocuspidata e decorata da rosette a punta di diamante, al convento e a locali di servizio ad unico livello.   Riferimenti bibliografici: Archivio Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo Ressa, Il complesso monumentale, in Santa Maria della Giustizia (Ministero per i Beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio della Puglia), testi di Augusto Ressa, Michela Tocci, Daniela De Bellis, Taranto 2003 (dall’estratto in brochure   Didascalia immagine in evidenza: Facciata   https://programmazionestrategica.beniculturali.it/progetto/taranto-s-maria-della-giustizia/

    • Il relitto di San Pietro in Bevagna

      Relitto di San Pietro in Bevagna

      Il relitto di San Pietro in Bevagna (Manduria, TA) è ubicato a circa 70 m dalla costa, nei pressi della foce del fiume Chidro. Il carico occupa un’area di circa 150 mq, su un fondale prevalentemente sabbioso, soggetto a frequenti insabbiamenti, a una profondità compresa tra 3 e 6 m. Il relitto, noto fin dagli anni ’30 del XX secolo, fu investigato per la prima volta nel 1964 (da Peter Throckmorton e John M. Bullit), è stato in seguito oggetto di indagini da parte della Soprintendenza Archeologica di Taranto nel 1995 e dell’ISCR nel 2009; ed inoltre, tra il 2010 e il 2011, analisi mineralogico-petrografiche e isotopiche sono state effettuate sui campioni di marmo dal CNR-IBAM di Lecce, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia e l’Università del Salento. Il carico della nave è composto complessivamente da ventitre sarcofagi (peso totale 75 tonnellate ca.) in marmo bianco dolomitico delle cave di Vathy -Saliara sull’isola di Taso, non finiti e di varie dimensioni: alcuni di forma rettangolare, altri ovali del tipo a lenos, con estremità arrotondate e bugne sporgenti, che potevano essere scolpite in un secondo momento con busti o protomi leonine. Per una razionalizzazione degli spazi in fase di trasporto, tre sarcofagi di dimensioni particolarmente ridotte sono posti all’interno di quelli di dimensioni maggiori e tre esemplari sono doppi, cioè con due cavità affiancate e ottenute dallo stesso monolite, che sarebbero stati separati giunti a destinazione. Tra i materiali recuperati si segnalano: due frammenti in legno d’olmo, forse attribuibili alle ordinate della nave; una lamina e una lastra (della pompa di sentina?) in piombo, un anello sempre di piombo, frammenti di sigillata africana e di anfore, e la “cassa” di bordo con le monete. Il carico, datato al III secolo d. C., era verosimilmente destinato al mercato di Roma. Al fine di migliorare la fruibilità del complesso, sono stati posati sul fondale due pannelli esplicativi, protetti entro teche di acciaio inox dotate di coperchio richiudibile.     Riferimenti bibliografici: Davidde Petriaggi, F. Bruno, A. Lagudi, S. Medaglia, V. Puglisi, UCRCA – Underwater Cultural Routes in Classical Antiquity. Un progetto europeo per la promozione del turismo archeologico subacqueo, in ARCHAEOLOGIA MARITIMA MEDITERRANEA, 15·2018, 112-116 (con bibliografia precedente). M.T. Giannotta, G. Quarta, A. Alessio, A. Pennetta, Provenance of the Roman marble sarcophagi of the San Pietro in Bevagna wreck. in ASMOSIA 10, 143-153. Didascalie immagini: Fig 1. S. Pietro in Bevagna, panoramica (foto S. Medaglia) Fig 2. S. Pietro in Bevagna, planimetria e vista prospettica

Il c.d. Relitto della campana
Complesso San Domenico
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